Entro fine giugno è prevista la fine del blocco dei licenziamenti ed al momento non pare chiaro se e cosa succederà; c'è purtroppo da registrare, nel dibattito in corso, un approccio stucchevole e manicheo che non affronta il vero problema.
Da una parte i sindacati paventano una catastrofe occupazionale, come se tutti i datori di lavoro fossero ansiosi di poter licenziare appena liberi di agire.
Dall'altra, i datori di lavoro, che ritengono il blocco come una lesione del diritto di libertà di impresa e vorrebbero avene le mani libere operando in un libero mercato.
Anche questa crisi appena vissuta ci insegna che è sbagliato trattare il lavoro come merce: stiamo parlando di persone e quindi non possiamo/dobbiamo lasciare in mano ai meccanismi di mercato le scelte che incidono sulle persone stesse.
Il mercato non ha visione, si muove sull'ottenimento di risultati immediati e non è particolarmente sensibile alle tematiche sociali ed alla tenuta democratica della società.
Ciò premesso dobbiamo anche prendere atto che se il lavoro non c'è, non c'è!
E se il posto di lavoro non c'è non può essere imposto e nemmeno possiamo statalizzare le imprese decotte investendo enormi capitali per tenere in piedi carrozzoni senza futuro. Vogliamo creare tante piccole Alitalia? Pensiamo cosa si sarebbe potuto fare con gli oltre 10 miliardi sciupati in Alitalia (importo a cui aggiungere i costi delle varie ondate di cassa integrazione)!!!
Non sono i posti lavoro che dobbiamo difendere ma la dignità e la sussistenza economica del lavoratore/trice colpiti dalla crisi.
Non è quindi questione blocco si o blocco no perché se il lavoro non c'è, non c'è!
Il manicheismo sindacale è in questa fase davvero dannoso e stucchevole.
Abbiamo perso un milione e oltre di posti di lavoro di chi aveva contratti a termine e non si è fatto granché per fare ora una battaglia retrograda sulla conservazione di posti di lavoro ormai inesistenti.
Basta slogan: nessun datore di lavoro addestra e aggiorna propri lavoratori per anni per poi licenziarli alla prima occasione: licenzia quando non c'è più il lavoro.
È ora di agire con novità di approccio e non con battaglie da secolo scorso.
Chiediamo che i licenziati per crisi COVID abbiano diritto a sei mesi/un anno di disoccupazione, in aggiunta a quella prevista, e che il datore di lavoro paghi i contributi previdenziali per questo periodo come se il lavoratore fosse ancora suo dipendente.
Inoltre chiediamo che in questo periodo il licenziato/a abbia un intervento formativo di riqualificazione e indirizzo per una nuova occupazione.
Viviamo in un cotesto occidentale e capitalistico, non possiamo pensare di eludere le regole implicite del sistema: nostro impegno e riuscire a regolarne e ostacolarne gli effetti più disumani.
È ora di approcci innovativi, riformisti e soprattutto rivolti veramente alle persone!